Lo sparviere (Accipiter nisus) è uno dei più comuni rapaci diurni italiani, superato solo dal gheppio.
Distribuzione ed habitat
Stanziale in Italia. I maschi e soprattutto i giovani sono migratori di corto raggio, le femmine sono quasi esclusivamente sedentarie.
Presente dalla montagna alla pianura, frequenta zone boscose, intervallate a radure e corsi d’acqua, soprattutto boschi di conifere e in misura minore decidui, parchi cittadini e cimiteri.
Aspetto
M: 28-34 cm di lunghezza, 58-65 cm di apertura alare, 120-160 g di peso.
F: 35-40 cm di lunghezza, 67-80 cm di apertura alare, 280-320 g di peso.
Piccolo, snello, zampe lunghe e sottili, lunga coda ed ali arrotondate e digitate. Presenta uno dei dimorfismi sessuali più marcati fra tutti i rapaci, sia per i piumaggi estremamente diversi, sia per le dimensioni, con le femmine, in media, del 25% più grandi dei maschi.
Il maschio ha parti superiori grigio ardesia, guance rossicce, parti inferiori barrate di rossiccio e coda con quattro barre scure.
La femmina ha parti superiori grigio ardesia, parti inferiori barrate grigio brunastre e con quattro barre scure.
I giovani hanno parti superiori brune, con marginature rossicce visibili solo a corta distanza e parti inferiori barrate di bruno, con trama più grossolana.
Alimentazione
Visitatore regolare di pozze, mangiatoie, aie e luoghi frequentati da un buon numero di possibili prede, fra cui solitamente punta i giovani o i deboli.
Dotato di una vista acutissima, che gli consente di percepire un minimo movimento a 200 metri di distanza, lo sparviere caccia principalmente all’agguato.
Ogni esemplare elegge nel proprio territrio vari posatoi d’appostamento, di solito distanti circa 100 metri l’uno dall’altro, da cui scrutare inosservato. Una volta avvistata la preda, si invola dandosi propulsione con i tarsi e accelerando da 0 a 50 km/h in un paio di secondi. Vola quindi raso terra lungo siepi, filari d’alberi o corsi d’acqua, sfruttando la portanza che la vicinanza con il terreno gli consente e allo stesso tempo rimananedo nascosto. Le ali arrotondate gli danno agilità di manovra anche fra spazi ristretti e non è raro che prima di giungere a contatto eviti ostacoli, circumnavighi alberi o salti siepi. Arrivato a tiro porta in avanti gli artigli e afferra la preda al volo, spesso soffocandola all’istante con la forza d’urto.
Alcune femmine usano questa tecnica, ma in spazi aperti e concludendo il volo con una carica ad artigli protesi contro un intero stormo di fringillidi.
Può capitare anche che la preda non venga catturata al volo, portando ad un inseguimento nel folto del bosco o addirittura al suolo, a piedi, comportamenti questi più frequenti nei maschi.
Più raramente e se le condizioni lo consentono, può tendere agguati direttamente dal posatoio e tuffarsi in una singola picchiata. Altre volte, soprattutto le femmine possono pattugliare il teritorio dall’alto, alternando battiti e planate, terminando la caccia con una singola picchiata.
Le prede comprendono passeri, regoli, pettirossi, fringuelli, tordi, allodole, zigoli, storni, pispole, calandre, luì e cincie.
Uccelli più grandi come piccioni, pavoncelle, ghiandaie, gheppi, altri sparvieri, pernici bianche, galli forcelli e femmine di fagiano sono saltuariamente predati solo da femmine particolarmente grosse.
Più raramente e solo se ve n’è grande abbondanza può cacciare anche arvicole, solo occasionalmente ratti, lepri e scoiattoli e, in modo ancora più sporadico, può optare per anfibi, lucertole, insetti e carcasse.
Riproduzione
Gli sparvieri sono monogami durante la stagione riproduttiva, da aprile ad agosto, ma formano nuove coppie ogni anno.
Il volo di corteggiamento, eseguito da entrambi i partner, consiste in serie di volteggi circolari concentrici, con frequenti cambi di altezza e culminanti in una picchiata verticale da notevole altezza.
Benché gli sparvieri a volte riutilizzino nidi di corvidi, più spesso ne costruiscono uno nuovo ogni anno, a una biforcazione fra tronco e ramo, a circa 10 metri d’altezza, il più delle volte su una conifera. I materiali sono raccolti da entrambi i sessi, ma il nido è costruito interamente dalla femmina. È costituito da una base approssimativa di rametti, con un “cesto” al centro, il tutto rivestito da schegge di corteccia. Durante la cova, la femmina aggiunge uno strato di piume.
La femmina depone, a intervalli di 3-4 giorni, da 3 a 6 uova bianche variamente macchiate di marrone scuro. Cova esclusiva della femmina, con maschio impegnato a caccia per entrambi.
La schiusa avviene dopo circa 40 giorni e i pulli, inetti e coperti di piumino, sono imbeccati dalla madre. I giovani sono in grado di nutrirsi da soli dopo due settimane e di volare dopo circa un mese, ma continuano ugualmente a essere alimentati per un altro mese ancora, prima di abbandonare definitivamente i genitori.
Gli esemplari che sopravvivono ai primi 12 mesi hanno un’aspettativa di vita di circa 10 anni.
Predatori
La sua piccola taglia rende lo sparviere uno dei pochi rapaci soggetto a predazione attiva da parte di altri predatori. Esemplari giovani, deboli o di taglia particolarmente ridotta possono essere catturati da barbagianni, allocchi, gufi reali, falchi pellegrini, astori ed aquile reali, mentre uova, nidiacei e pulli possono essere preda di volpi, martore e faine.
Rapporti con l’uomo
Usati in falconeria in tutta Europa, Medio Oriente e India fin dal Medio Evo, nel nostro continente erano utilizzati soprattutto dalle nobildonne e, dal 1600, dai preti. Alcune specie cacciate con sparviere erano quaglia, re di quaglie, storno, merlo, beccaccia, alzavola e specie considerate nocive quali gracchi corallini, gazze e ghiandaie.
I maschi erano chiamati “moschetti” dai falconieri, dal francese arcaico moschet, mosca, per via delle dimensioni. Il termine sarebbe poi stato utilizzato per indicare i quadrelli da balestra, quindi la palla di piombo e l’omonima arma da fuoco.
Dal 1700, con la decadenza della falconeria, gli sparvieri divennero improvvisamente competitori per le risorse dei cacciatori e predatori di pollame e furono quindi soggetti a numerosi tentativi di totale eradicazione.
Durante il XVIII secolo, in Inghilterra, per esempio, le parrocchie mettevano taglie sulla testa di questi rapaci, nello stesso periodo in cui si stava cercando di contenere il numero dei passeri. Sì, per contenere i passeri non si trovò di meglio che tentare lo sterminio del loro principale predatore.
Ancora, nel 1851, i guardiacaccia pubblicarono delle linee guida per la distruzione sistematica dei nidi e l’uccisione degli adulti, a causa della predazione di pulcini dalle fattorie e della competizione per la caccia alla quaglia e alla pernice.
Sopravvissuti alle persecuzioni per due secoli, la popolazione subì ulteriori perdite, fino agli anni ’60 del 1900 a causa della distruzione dell’habitat, dell’avvelenameto da pesticidi e del bracconaggio indiscriminato.
Come per i gheppi, la situazione si è invertita solo dagli anni ’70 a seguito di nuove leggi su pesticidi e caccia.
Federico Buldrini
