Il Tyto alba, comunemente noto come barbagianni, è un rapace notturno appartenente alla famiglia dei Tytonidae ed è uno degli uccelli notturni più diffusi al mondo. È presente in numerosi continenti, tra cui Europa, Asia, Africa, le Americhe e l’Oceania. Il suo nome scientifico significa “gufo bianco” e si riferisce al suo aspetto particolare, caratterizzato da un piumaggio chiaro e da una faccia a forma di cuore, che gli conferisce un’aria quasi spettrale. Il barbagianni ha occhi scuri e penetranti, un volto bianco e un dorso ricoperto da piume dorate e grigie. Le sue ali sono ampie e gli permettono di volare in modo estremamente silenzioso, una caratteristica che lo rende un cacciatore notturno molto efficiente.
È un animale molto adattabile, capace di vivere in ambienti diversi come campagne aperte, zone rurali, margini di boschi e perfino edifici abbandonati, dove spesso nidifica. Costruisce il nido in cavità naturali, fienili, torri e ruderi. La sua dieta è composta soprattutto da piccoli roditori come topi, arvicole e talpe, ma talvolta cattura anche piccoli uccelli. Il suo udito è particolarmente sviluppato e gli consente di individuare le prede anche nel buio più profondo, ascoltando con precisione ogni minimo rumore.
Il barbagianni è un animale solitario e territoriale, attivo principalmente di notte. Durante il periodo riproduttivo, che in genere coincide con la primavera, la femmina depone da quattro a sette uova che cova per circa un mese. I piccoli nascono ciechi e coperti di un piumino bianco, e vengono accuditi dai genitori fino a quando non sono pronti per il volo e l’indipendenza.
In molte culture il barbagianni è stato associato al mistero e al soprannaturale, forse per via del suo aspetto insolito e del suo verso acuto e stridulo, che può sembrare inquietante. In alcuni luoghi è stato considerato un simbolo di sventura, mentre in altri rappresenta la saggezza. In realtà, è un animale molto utile per l’uomo, soprattutto in agricoltura, poiché aiuta a controllare la popolazione dei roditori in modo naturale ed ecologico.
Preistoria
Si ritiene che i Tytonidi siano la famiglia di gufi più antica, i cui primi fossili certi risalgono a circa 20 milioni di anni fa. Una di queste specie, Tyto balearica, giuse dalle Baleari all’allora isola del Gargano, dove divenne stanziale, adattandosi alla vita terricola.
Circa 10 milioni di anni fa comparve poi Tyto robusta, più grande di un gufo reale, pesante sui 10 kg e probabilmente inetta al volo. Dal robusta si sarebbe poi evoluta, circa 5 milioni di anni fa Tyto gigantea, entrambi esempi di gigantismo insulare.
I primi fossili accertati di Tyto alba risalgono, invece, a circa 2,5 milioni di anni fa.
Distribuzione ed habitat
Sedentario o parzialmente erratico con spostamenti nell’ordine dei 50-100 km. In Italia nidificante comune e diffuso anche sulle isole minori, ma distante dalla costa.
Presente dalla pianura alla montagna, ma sempre sotto i 2000 m.
Possibile trovarlo anche in parchi cittadini e cimiteri.
Aspetto
30-39 cm di lunghezza, 80-95 cm di apertura alare, 250-300 g di peso.
Dimorfismo sessuale poco evidente, con femmine solitamente solo più pesanti dei maschi di circa il 10%.
Alimentazione
Il margine anteriore delle remiganti è microseghettato, mentre il bordo posteriore è composto da una frangia finissima, riducendo così al minimo e spezzando la tubolenza dell’aria colpita dalle ali e permettendo un volo completamente silenzioso.
Dotato di 14 vertebre cervicali, può ruotare la testa di 135° in entrambe le direzioni.
Caccia principalmente sfruttando l’udito, con i suoni convogliati dal disco facciale verso le aperture auricolari. La sinistra è leggermente più alta della destra, permettendo una localizzazione ancora più precisa della fonte di onde sonore.
Spesso caccia da posatoio, lanciandosi in picchiate verticali. In terreni aperti può invece predare in volo, pattugliando margini di campi, fossi e strade, alternando battiti e planate.
Una volta individuata la preda fa una breve pausa e poi si tuffa, afferrando con le zampe e subito spezzando il collo con il becco.
Riproduzione
I barbagianni sono monogami per la vita, ma fuori dalla stagione riproduttiva gli individui sono ognuno nel proprio territorio.
Durante la cova il maschio caccia per entrambi.
Dopo la schiusa la femmina rimane con i nidiacei per 3 settimane, quindi si unisce al maschio nella caccia. Dopo circa due mesi i pulli iniziano ad abbandonare il nido e nel giro di un altro mese sono indipendenti.
Aspettativa di vita relativamente breve con solo un pullo su tre capace di sopravvivere oltre i primi 12 mesi e una vita adulta che, in natura, solitamente non eccede i 4-5 anni. Al contrario, sono stati registrati esemplari in cattività vissuti addirittura 25 anni.
Predatori
In Europa sono principalmente predati da gufi reali (Bubo bubo), ma anche da allocchi (Strix aluco) ed aquile reali (Aquila chrysaetos).
Rapporti con l’uomo
Come ogni rapace che si rispetti, anche il barbagianni è stato associato ad una ridda di credenze più o meno pittoresche.
In Inghilterra, fino al XVIII secolo, gli adulti venivano uccisi e appesi fuori dalle stalle per proteggere il bestiame dagli spiriti maligni.
Alle uova, a seconda del tipo di cottura, si attribuivano invece poteri curativi per la tosse, l’epilessia e l’alcolismo.
Ma naturalmente la più antica e persistente associazione è quella con la morte. Dal diafano aspetto, alla frequentazione dei cimiteri, allo stridulo richiamo, segno di sventura, maltempo o morte imminente, già presente nella Grecia antica e già tacciato come scempiaggine da Plinio il vecchio ed associato in Irlanda al pianto della banshee.
In tempi più recenti la convivenza è diventata abbastanza buona e relativamente non belligerante.
Come già visto con gheppio e sparviere, anche il barbagianni ha sofferto, fino agli anni ’60, l’uso di pesticidi, in particolare topicidi e DDT.
Ora i problemi maggiori sono diventati gli scontri con autoveicoli stimati, in Inghilterra, essere la causa di circa il 40% dei decessi, la folgorazione a causa di impatti con linee elettriche e l’abbattimento illegale, soprattutto nel bacino del Mediterraneo. D’altro canto il barbagianni è il rapace notturno più utilizzato in falconeria, grazie alla sua eleganza, alle dimensioni gestibili e la discreta facilità di domesticazione.
Debora Lervini e Federico Buldrini

