I corvi non ti giudicheranno
Non una parola sarà profferita
Ti strapperano solo gli occhi
E si mangeranno il tuo prezioso cuore (Thyrfing – Raven Eyes)
Bentornati, amici miei, a questo viaggio alla scoperta di come l’intelligenza e la sfacciataggine dei corvi abbiano ispirato la mente umana. Finito con miti e leggende, parliamo ora di musica, dove i corvi sono ubiquitari, nella classica, nelle ballate tradizionali, nel folk, nel rock progressivo e, soprattutto, nel metal.
L’esempio più emblematco nella classica è La gazza ladra, opera semiseria del 1817, in due atti, di Gioachino Rossini, in cui una gazza collezionista di argenteria è coprotagonista incosapevole degli intrighi in Casa Vingradito e delle pene d’amore della serva Ninetta per Giannetto, rampollo della famiglia Vingradito.
Nel 1832 il danese Johann Peter Emilius Hartmann pubblicò l’opera Ravnen, ispirata all’adattamento di Hans Christian Andersen della fiaba teatrale Il Corvo di Carlo Gozzi, del 1762, a sua volta ispirata all’omonima fiaba raccolta da Gianbattista Basile nel suo Lo cunto de li cunti. In questo caso il corvo è un mero espediente di trama e motore di eventi completamente scollegati.
Nella classica contemperanea posso segnalare The Raven Conspiracy, del 2017, un quartetto per archi della canadese Carmen Braden, sulla nascita mitologica dei corvi nelle leggende dei nativi e del loro comportamento scostante ed imprevedibile.
In Inghilterra esiste una filastrocca sulle gazze chiamata One for Sorrow in cui, in base al numeri di corvi contati, si avrà fortuna o sfortuna. Fu trascritta per la prima volta nel 1780, ma si pensa sia stata composta, come minimo, all’inizio del 1500.
Diverse versioni sono state utilizzate come sigle per programmi TV, colonne sonore e brani inediti, di cui uno particolarmente fantasioso ed interessante è Ravens in the Library, del 2010, della cantautrice statunitense S. J. Tucker. Qui vari corvi entrano in una libreria e si mettono a sfogliare libri e a strapparne pagine.
Sempre in Inghilterra, attestata per la prima volta nel 1611, ma probabilmente più antica, abbiamo la ballata The Three Ravens, dove tre corvi osservano il cadavere di un cavaliere morto in battaglia e pensano a come potrebbero mangiarselo, se non ci fossero i cani ed il falco del morto a fargli la guardia e non stesse arrivando la sua dama per dargli sepoltura.
Del 1803 è invece la caustica e cinica versione scozzese Twa Corbies, in cui i cani ed il falco presto abbandonano il padrone per andarsene a caccia e la dama la sera stessa ha un nuovo amante, lasciando i corvi liberi di pasteggiare con gli occhi e la carne del cavaliere ed infine fare il nido fra i suoi capelli sul cranio scarnificato.
Diffusa in tutta Europa è stata rifatta, ad esempio, dal gruppo folk rock inglese Steeleye Span, nel 1970, dall’arpista francese Cécile Corbel nel 2006 e, in tedesco, con il nome Rabenballade dai gruppi folk Die Streuner e Faun, nel 2004 e nel 2016, rispettivamente e, sempre nel 2016 dal gruppo folk rock dArtagnan.
Esiste poi una ballata seicentesca, norvegese, ma diffusa in tutta la Scandinavia, conosciuta alternativamente come Kråkevisa, la canzone del corvo o come Bonden og Kråka, il fattore ed il corvo. Sono state annotate almeno 75 melodie diverse e centinaia di versioni del testo, ma in linea di massima si parla di un fattore che, andato nel bosco per fare legna, incontra un corvo di enormi dimensioni, lo uccide e ne usa ogni parte come si farebbe con un maiale.
Nel 2011 è stata pubblicata, come Kråkevisa, dal gruppo symphonic metal germano-norvegese Leaves’ Eyes e nel 2018, come Bonden og Kragen, dal gruppo dark folk danese Myrkur.
The Crow on the Cradle è una canzone composta nel 1963 dal poeta e cantautore inglese Sydney Carter. In piena guerra fredda, una coppia che ha appena avuto un figlio trova un corvo, appollaiato sulla culla, che li accoglie con previsioni nichiliste sul futuro del neonato, destinato alla guerra se maschio, a vedere aerei militari ovunque guardi, se femmina. Anche di questa esistono varie cover, fra cui una della cantautrice candese Joni Mitchell, del 1964 e una del cantautore statunitense Jackson Browne, del 1982.
Nel 1969 il gruppo folk rock inglese Fairport Convention pubblica il brano Crazy Man Michael, stilisticamente in linea con temi e melodie tradizionali. Una breve fiaba sonora in cui il protagonista incontra una cornacchia che predice un infausto futuro per lui e la sua amata, con ovvie, truci conseguenze.
La poesia di Poe ha ispirato varie canzoni fra cui The Raven, del 1976, del duo prog rock britannico The Alan Parsons Project, My Lost Lenore, del 1998, del gruppo gothic metal norvegese Tristania, Raven, del 2001, del gruppo heavy metal tedesco Grave Digger e Nevermore, del 2016, del gruppo symphonic metal tedesco Beyond The Black.
Blashyrkh è un fittizio regno di ghiaccio, dominato da una divinità corviforme, inventato dal gruppo black metal norvegese Immortal. Periodicamente presente nei testi, ma in particolare nel brano del 1995 Blashyrkh (Mighty Ravendark).
Il gruppo folk metal irlandese Cruachan ha dedicato nel 1995 l’omonimo brano alla storia di Cú Culhainn ed ha parlato della Morrigan nei brani Queen of War del 2018 e The Crow del 2022.
La Morrigan e le sue caratteristiche sono il soggetto anche dell’omonimo brano del 2023 del gruppo folk metal tedesco Feuerschwanz.
I corvi, come spirito guida dei Norreni in battagia, compaiono ad esempio nel 2006 in Cry of the Black Birds del gruppo melodic death metal svedese Amon Amarth, nel 2010 in Ravens Guide Our Way del gruppo heavy/doom metal svedese Grand Magus e nel 2019 in Raven’s Flight, sempre degli Amon Amarth. Quest’ultima in particolare parla della spedizione norrena dell’867 guidata dai figli di Ragnarr Loðbrók contro re Ælla di Northumbria.
È del 2011 il brano Song Of The Blackest Bird degli Insomnium, gruppo melodic death metal finlandese, ove il corvo è un vero e proprio emissario della Morte, in un mondo avvolto dall’oscurità e dal pessimismo cosmico.
Nel brano Kvitravn del gruppo dark folk norvegese Wardruna, datato 2021, il corvo bianco del titolo rappresenta uno spirito guida e compagno di viaggio verso la conoscenza e la saggezza.
Huginn e Muninn sono citati esplicitamente e celebrati nel 2021 in Munin, dei Wardruna, nel 2023 in Huginn ok Muninn del duo folk siberiano Nytt Land e nel 2024 in Flight of the Ravens del gruppo power metal svedese Brothers of Metal.
Concludiamo con Likgökens fest brano del 2025 del gruppo viking metal svedese Månegarm. Come fossimo in una versione esasperata di Twa Corbies, di nuovo troviamo corvi che si danno la voce e parlano di fare festa grande con gli occhi, il sangue e le carni di guerrieri che si sono futilmente scannati per dell’oro. È interessante soprattutto perché il titolo e gli ultimi versi chiamano il corvo “likgök” un kenning che significa “cuculo dei cadaveri”. Il kenning è una figura retorica tipica della poesia scaldica, in cui si sostituiscono con perifrasi nomi propri, animali, avvenimenti, oggetti o entità. Uno dei più usati, sia in Scandinavia sia in Inghilterra, era definire il mare la “via delle balene”.
Per chiudere vi lascio qualche copertina di dischi in cui i corvi sono utilizzati come immagine evocativa, ma, con l’eccezione dei Nattravnen, non sono poi inerenti ai contenuti dell’album.
Questo è tutto, signore e signori, mi auguro abbiate gradito questo “speciale di Halloween”. Un ultimo inchino e che cali il sipario.
A questo link potete trovare una playlist di brani dedicata: https://music.youtube.com/playlist?list=PL6-ZsXVytf9XrQWwVLoiHy2V2YNXo_WaK
Federico Buldrini








