Cincia bigia

Se paragonata alle ben più note cinciallegra e cinciarella, la cincia bigia (Poecile palustris) risulta decisamente dimessa, ma molto ordinata. In più, fino al 1897, la cincia bigia e la cincia bigia alpestre (Poecile montanus) erano considerate un’unica specie.

Distribuzione ed habitat

Sedentaria, presente in tutta Italia, tranne la Sardegna. Nidifica soprattutto sull’arco alpino, sulla dorsale appenninicao e sui Nebrodi. La popolazione, già sparpagliata a nord, si fa più rarefatta verso sud.
Frequenta boschi collinari e montani punteggiati da zone umide. Predilige i boschi misti con predominanza di querce, salici, betulle, faggi e ontani, ma può spostarsi anche in parchi e giardini incolti. Visibile nei pressi di fiumi, ruscelli, stagni ed acquitrini contornati da sottobosco con alberi marci e marcescenti.
A dispetto delle ridotte dimensioni necessita però di un territorio di 4-5 ettari.

Aspetto

12 cm di lunghezza, 19 cm di apertura alare, 12 g di peso. Appena più grande della cinciarella.

Capo piccolo, cappuccio nero lucido, piccolo mento nero, guance bianche, dorso, ali e coda castani omogenei, addome color sabbia.
Volo basso e sfarfallato, come le altre cincie. Voce, uno stentoreo “pi-ciù” ripetuto a brevi intervalli; allarme, un nervoso “si-idididididi” simile a quello della cinciarella.

Alimentazione

In primavera ed estate si ciba principalmente di coleotteri, bruchi e ragni, a volte integrando con miele.
In autunno ed inverno mangia soprattutto faggiole, semi di cardo, noci e bacche, trasportando il cibo lontano per consumarlo. Può anche frequentare mangiatoie, dove si mostra temeraria e dominante sulla congenere c. alpestre.

Similmente a quanto visto con il picchio muratore, anche la cincia bigia è capace di incastrare noci in fessure per spaccarle a beccate e similmente nasconde scorte di cibo in buchi a terra, sotto la lettiera del bosco o in buchi nei tronchi, coprendo il tutto con licheni. Tuttavia, vista la probabilità di furti, prima di nascondere realmente il cibo, fa spesso alcune soste per ingannare eventuali inseguitori sull’ubicazione del nascondiglio.

Predatori

Uova e nidiacei sono predati da donnole, ghiandaie, picchi rossi maggiori e, più raramente, serpenti. Gli adulti possono essere preda di gatti domestici, sparvieri, albanelle e falchi di palude.
Gli scoiattoli grigi, introdotti dal Nord America, possono invece entrare in competizione per i siti di nidificazione e razziare le scorte di cibo.

Riproduzione

Nidifica da aprile e fine maggio. Una coppia può essere monogamo per anni, ma cambiare partner in caso di morte di uno dei due. In centro e nord Europa si ha una sola covata all’anno, mentre spesso possono diventare due più a sud.

Nidifica in cavità negli alberi, preferibilmente ontani e salici, spesso sfruttando anche vecchi nidi di picchi o allargando nidi di cincia bigia alpestre e, in mancanza d’altro, può utilizzare le cassette nido.
Data la competizione con altre specie può nidificare a pochi centimetri da terra così come a 10 metri di altezza, a seconda della disponibilità di siti.

Il nido è composto da un coppa di muschio rivestita di peli di lepre e qualche piuma. Le cavità particolarmente umide vengono foderate di muschio. Tutta la costruzione è appannaggio della femmina, mentre il maschio caccia per entrambi.

Depone 6-8 uova bianche con rade macchioline marroni. La seconda cova è solitamente più ridotta.
La schiusa avviene dopo un’incubazione di circa 15 giorni; la prole è inetta e con piumino rado.
I nidiacei sono accuditi da entrambi i genitori e per i primi 10 giorni rimangono coperti dalla femmina. Dopo 2-3 settimane lasciano il nido, ma dipendono per un’altra settimana dai genitori.

La speranza di vita è solitamente 2-3 anni, tendendo ai 5-6 in condizioni ottimali e sono stati registrati sporadici esemplari sopravvissuti fino a 11 anni.

Rapporti con l’uomo

Anche se l’areale europeo è vasto, la distribuzione a macchia di leopardo non aiuta la stabilità numerica e la specie è infatti in calo in Inghilterra e Francia.
Non è cacciabile, ma soffre molto la ceduazione dei boschi, il taglio di piante annose ed la pulizia delle foreste da alberi caduti, venendo privata sia di possibili siti di nidificazione sia di terreni di caccia.

Nella Fáfnismál (Il discorso di Fáfnir) un componimento presente nell’Edda Poetica ed inerente fatti trattati nella Saga dei Volsunghi, poi riadattata da Wagner nella sua tetralogia dei Nibelunghi, si racconta del dialogo e successivo scontro fra il drago e Sigurðr.
L’eroe, dopo aver ucciso Fáfnir su istigazione del patrigno Regin, ne arrostisce il cuore e, mentre lo tocca per controllarne la cottura, si scotta il pollice con uno schizzo di sangue bollente. Dopo essersi succhiato il dito scopre di aver acquisito la capacità di capire il canto degli uccelli e ascolta delle cincie, su un albero vicino, parlare del tesoro custodito dal drago e di come Regin intenda uccidere il figlioccio Sigurðr per non dividere il bottino.

Nel testo medioevale gli uccelli sono chiamati con il termine igður che, secondo le ricostruzioni linguistiche, in norreno identificava proprio le cincie bigie, mentre in islandese moderno è usato per il picchio muratore.

Federico Buldrini

Foto di Stefano Lasagni, Appennino Reggiano.