Sera di luglio, Pianura Padana, fra gli Estensi e i Gonzaga, ai confini della zona di produzione del Parmigiano Reggiano.
La dott.sa Lervini mi ha mandato a raccogliere la testimonianza di un sito di nidificazione di barbagianni in zona antropica.
Supero una Maestà e svolto su una strada sterrata, fiancheggiata da pioppi, che porta ad un’aia. Casa padronale bianca, finestre nere, inferiate a trama floreale. Campi arati, prati di erba medica, cicale.
Un soriano attraversa sinuoso il cortile, tenendo d’occhio alcune galline intente nel bagno di sabbia ed un tacchino che si guarda in giro impettito.
Mi volto al rumore del catenaccio del portone. Esce una donna castana, minuta e dal volto ovale, seguita da un uomo moro, spruzzato di grigio, ben piazzato e con mascella quadrata.
Dopo i convenevoli estraggo taccuino e penna e passiamo al motivo della mia visita.
“So che è troppo presto per osservarli in attività, ma intanto raccontami un po’ di storia”.
“Sì, di solito sono attivi fra le 9 di sera e le 5 di mattina. Comunque, la casa è di inizio ‘900, mentre la stalla ha qualche anno in più: è di fine ‘800. Negli anni ’90 fu ampliata e convertita a fienile e rimessa.” mi risponde la donna, indicando l’edificio all’altro capo dell’aia e perpendicolare alla casa.
L’uomo, nel frattempo, ne ha aperto il portone rivelando nella penombra un’auto e un paio di trattori, osservati dall’alto da alcune ventole a soffitto.
Entriamo e chiedo.
“Da quanto tempo avete queste nidiate?”
“Da 15 anni, più o meno. Fanno i nidi contro il soffitto, uno è in buco nell’intercapedine, l’altro è nel muro centrale, sotto la giunzione delle travi” replica la donna, illuminando brevemente con una torcia i due punti dell’edificio.
“Mio padre li fotografafa spesso. Ci appostavamo al buio e quando li sentivamo muovere io e mia sorella illuminavamo nella direzione del suono mentre papà scattava.” aggiunge con un mezzo sorriso.
Usciti, ci incamminiamo lungo la strada e continuiamo a parlare, mentre si fa buio, i grilli iniziano il loro concerto e le rane, dai fossi, aggiungono contrappunti qua e là.
“Papà raccontava di aver scoperto le prime nidiate quando avevamo ancora le mucche. E anni prima ancora, subito dopo l’ampliamento e prima che arrivassero i barbagianni, il primo buco fu occupato da un’anatra domestica.”
“Di solito ci capita di vedere i giovani sui cartelli e sui pioppi. Poi anche dei gufi comuni su cavi elettrici” aggiunge l’uomo.
“Sì, poi ci sono anche i gheppi nel boschetto della villa seicentesca qui vicino” sovviene lei.
“Ma poi siamo in campagna, non ci mancano neanche civette e albanelle” conclude lui.
Più tardi, mentre ci riavviciniamo a casa, i nostri passi sommessi sono accolti dai soffi e dagli stridii dei pulli quando siamo ancora sull’asfalto e dobbiamo ancora rientrare nel cortile.
Rientramo in casa e la donna mi mostra alcune foto scattate negli anni dal padre, fra cui una in cui si vedono due sub adulti. Uno ritto e in allerta, che guarda verso il fotografo e l’altro che incede piegato quasi orizzontalmente e con il collo proteso in avanti, giusto per ricordarci che non tutti i dinosauri si sono estinti alla fine del Cretaceo.
Federico Buldrini

