Falco pecchiaiolo

Il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus) in Italia nidifica occasionalmente sull’Appennino settentrionale e sulle Alpi, ma è presente sopratutto durante i passi migratori pre e post riproduttivi, a maggio e settembre.

Distribuzione ed habitat

Sverna nell’Africa sub sahariana e nidifica nell’Europa centro-settentrionale, in Medio Oriente e Russia, sempre fuori dalle zone artiche.

Vive principalmente in foreste mature, alternanti grandi alberi e radure, ma non disdegna anche zone coltivate o collinari e, durante le migrazoni, le zone umide. Nell’Europa meridionale preferisce le faggete, mentre a nord è più frequente in boschi di conifere.

Supera i bracci di mare solo nei punti di traversata più brevi, creando rotte che passano per lo streto di Gibilterra, lo stretto di Messina ed il Bosforo.
Per conservare più energia possibile sfrutta le correnti termiche ascensionali sulla terra ferma e plana sul mare.

Aspetto

50-60 cm di lunghezza, 115-135 cm di apertura alare, 510-1050 g di peso.
Appena più grande di una poiana. Femmine leggermente più grandi e pesanti.

Simile a una poiana, ma con ali, coda e collo più lunghi e coda più stretti. Mancante della sporgenza ossea sopraciliare, avendo così un capo piccolo e “da piccione”.
In volteggio tiene le ali piatte, non a V come le poiane; volo battuto leggero ed elastico.
Come le poiane ha morfismi molto variegati, inclusi uno rosso, nero, bianco e tutti gli intermedi di barratura inferiore. Coda sempre con tre bande scure ben definite, due vicine al groppone ed una in punta.
Giovani tendenzialmente più scuri ed omogenei, con iride scuro e cera del becco giallo brillante, maschio sempre con capo grigiastro, iride giallo limone e cera grigia, femmina generalmente più scura del maschio, con testa marrone, iride giallo limone e cera grigia.

Alimentazione

Altamente specializzato nella predazione di larve e pupe di vespe, calabroni e, a volte, api. Occasionalmente può catturare anche gli adulti ed integrare con miele e cera. In Europa è, inoltre, l’unico predatore naturale noto di Vespa velutina, l’alloctono calabrone asiatico.
All’inizio della stagione riproduttiva, quando larve e pupe sono ancora troppo poco sviluppate, prende rane e tritoni.

A seconda della disponibilità si può nutrire anche di formiche, farfalle, coleotteri, locuste, micromammiferi, lumache, lombrichi, piccoli serpenti, uova e adulti di uccelli raramente più grandi di tordi, aggiungendo a volte anche frutta e bacche.

Di solito scruta da un posatoi o vola a 3-5 m di altezza osservando i movimenti delle operaie della specie scelta, per poi seguirle al nido. A seconda della sua ubicazione può quindi iniziare la demolizione del favo direttamente sul ramo o scavare a terra con gli atrigli anche per 50 cm di profondità.
Per proteggersi dalle punture delle operaie, le penne del capo sono particolarmente fitte e quelle alla base del becco ed attorno agli occhi sono incredibilmente sclerificate, somigliando quasi a scaglie. Su queste penne è stata inoltre osservata una sostanza filamentosa che, si è teorizzato, potrebbe essere un repellente chimico per scoraggiare gli attacchi. Tuttavia mancano ancora studi specifici a conferma o smentita.

Riproduzione

In Europa si riproduce fra maggio e giugno. Il volo di corteggiamento, effettutato solo del maschio, è composto da saliscendi, con tremolio delle ali all’apice di ogni risalita. Non è raro che il maschio si cimenti in serie da 40 acrobazie di seguito e continuando anche per mezz’ora senza soste.
Una volta formata, la coppia è spesso monogama per la vita.

Nidifica su alberi, sovente in gruppi. Può costruire un nido nuovo ogni anno, ma più spesso riutilizza ed amplia vecchi nidi di corvidi o poiane. La femmina depone 1-3 uova marroni screziate, cova per un mese e nelle prime due settimane dopo la schiusa accudisce da sola i pulcini, mentre il maschio caccia per tutti. I giovani abbadonano il nido circa tre mesi dopo la schiusa.

L’aspettativa di vita è fra i 10 e i 15 anni, ma è stato documentato un esemplare, inanellato in Germania, morto a 29 anni.

Predatori

Uova e nidiacei sono predati dalle martore, mentre pulli e adulti possono essere cacciati da aquile reali, gufi reali ed astori.

Come molti altri rapaci, anche il pecchiaiolo fu in passato soggetto ad abbattimento e, in tempi più recenti, anche di vero e proprio bracconaggio.

Rapporti con l’uomo

Il degrado dell’habitat, lo sfruttamento delle foreste di Aghifoglie, la riduzione del numero di prede a causa dei cambiamenti climatici e dell’uso di pesticidi sono fattori di rischio presenti in tutto l’areale. In Italia è tuttavia la pressione venatoria a cui è sottoposto da secoli, soprattutto durante le migrazioni, il pericolo principale della sua conservazione.

Già nel XVIII sec. il naturalista francese Georges-Louis Leclerc, I conte di Buffon scriveva di come il pecchiaiolo fosse considerato in tutta Europa una leccornia invernale e fosse catturato durante la migrazione di ritorno quando gli esemplari erano “grassi e deliziosi”

In Calabria, dov’è emblematicamente chiamato “adorno”, è tuttora viva la credenza che uccidere un pecchiaolo ed esporlo fuori dalla porta, proteggerà dalle infedeltà della moglie. Tuttavia, come giustamente scherzava Danilo Mainardi, è più probabile che i lunghi appostamenti, per giorni di fila, sullo Stretto di Messina, abbiano piuttosto facilitato le reiterate scappatelle di annoiate massaie.
A dispetto del divieto introdotto già negli anni ’70 e dei controlli di Carabinieri Forestali e volontari, la pratica continua comunque, seppur in forma minore, come bracconaggio.

Federico Buldrini